Ultima serata per ripercorrere e comprendere il concetto e il cinema di frontiera di Giraldi.
Martedì 21 marzo dalle 19.30 al Visionario Paolo D'Andrea (Cinemazero) introduce il ricco programma presentandoci il documentario di Luciano De Giusti Doc Portrait: Franco Giraldi (2014) e a seguire La frontiera di Giraldi (1999).
DOC PORTRAIT: FRANCO GIRALDI (2014, 30’) di Luciano De Giusti
Il documentario ricostruisce i momenti salienti dell’avventura cinematografica di Franco Giraldi, regista di film significativi del loro tempo, come La bambolona, o esemplari della sua cultura e sensibilità, come La rosa rossa, Un anno di scuola, La giacca verde, La frontiera. Ne ripercorre le tappe, anche esistenziali: l’infanzia carsica e girovaga, gli anni della formazione triestina, la partenza per Roma, l’apprendistato accanto ad alcuni grandi registi, l’esordio nel cinema western, il successo nella commedia italiana, la stagione dei film più intimi e personali. Sulla sua rievocazione s’innestano le testimonianze di collaboratori e compagni di strada: Tullio Kezich, Callisto Cosulich, Ugo Pirro, Carlo Lizzani, Omero Antonutti, Luis Bacalov, Laura Morante.
LA FRONTIERA (1996, 107') di Franco Giraldi
Un giovane ufficiale dell'esercito austro-ungarico, Emidio Orlich, di origine dalmata, decide nell'inverno del 1916 di disertare per poter essere trasferito in Italia e combattere con gli italiani contro l'Austria. Un altro giovane, Franco Velich, torna nell'estate 1941 nell'isola in cui è nato, la stessa dove era nato anni prima Emidio. Vi torna da ufficiale italiano in convalescenza per la ferita riportata in Africa settentrionale. L'isola, che era in territorio jugoslavo, è ora occupata dall'esercito italiano, e Franco vive con disagio questa situazione. Entra in contrasto con la vecchia madre e la nipote di Emidio, la cui storia nella guerra precedente gli viene raccontata da Simeone, un vecchio saggio e disincantato che guarda con distacco ma con poche speranze alla situazione attuale.
Franco Giraldi (1931-2020), regista nato a Comeno (oggi Komen, in Slovenia) da madre slovena di Trieste e padre italiano dell’Istria, ha saputo portare nel suo cinema come nessun altro l’esperienza indelebile della frontiera intesa come luogo esistenziale, milieu culturale, figura del discorso filmico.